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PROFESSIONE DOCENTE: CHI TANTO E CHI NIENTE |
Nel
corso della mia lunga esperienza didattica mi sono sempre più convinto che
l’azione educativa è un processo biunivoco, un legame tra chi ha appreso e
chi deve apprendere. Insegnare significa passare ad altri il testimone delle
conoscenze, attivare un processo di feedback tendente a suscitare la nascita di
un pensiero nuovo, diverso e libero. Perché ciò avvenga sono necessari e
fondamentali la disponibilità al colloquio e il democratico riconoscimento dei
differenti ruoli senza alcuna mistificazione o commistione.
Ed
è qui, in questo confronto continuo, in questo continuo mettersi in gioco, in
questa trasparenza ed onestà di pensiero che stanno sia le difficoltà sia la
bellezza della professione docente.
Dare
forma ad una personalità non è come assemblare un frigorifero, modellare una
macchina o pigiare un tasto del computer o cliccare un bottone del mouse ma dare
ad ognuno consapevolezza di se stesso e delle proprie capacità.
Proprio
per questa sua particolare importanza e delicato campo di applicazione penso che
tale “professionalità” debba essere ben inquadrata evitando qualsiasi
mistificazione, anche verbale, e sovrapposizione di ruoli e/o professionalità.
Nella scuola ci sono moltissimi insegnanti
che fanno dell’insegnamento la seconda, se non la terza, professione:
architetti, avvocati, ingegneri, commercialisti, sportivi, medici, ragionieri
ecc. ecc. considerano il lavoro scolastico un riempitivo della professione
dominante.
Senza
entrare nei particolari, che tutti possiamo immaginare, mi chiedo:
·
quanto può interessare ad un
professionista l’ora d’insegnamento se in quella ora ha mille altre cose da
fare, da pensare, o da risolvere?;
| |
·
quale impegno può assumere, quel
professionista, nei confronti della funzione docente se quella funzione è di
intralcio al lavoro professionale? (Alcuni casi eclatanti
finiti
sui giornali li ricordiamo tutti). |
Dualmente
·
Quelle ore di mancata attività
didattica (in ogni modo retribuite come tali) quanto peso hanno nella
preparazione degli studenti?;
| |
·
quale rapporto educativo, didattico e
formativo costruttivo si può instaurare tra questi insegnanti che stanno in
classe (quando ci stanno) solo fisicamente mentre con la mente stanno altrove?;
| |
·
quale esempio positivo possono essere
se è vero, come è vero, che si educa, anzitutto, con il comportamento?
|
Se
professionista vuol dire:
colui
“. . . che viene retribuito per le proprie prestazioni e non si dedica ad
altra attività” (Dizionario della lingua italiana – De Agostini),
“.
. . colui che esercita la propria scienza e ne ricava autorità, si
manifesta e dichiara tale, e tale viene percepito” (Wikipedia, voce
professionista), considerando la tempesta che sta attraversando (precari, tagli,
razionalizzazione, ridimensionamento delle classi, ecc.) la scuola, vorrei
chiedere ai diversi ministri coinvolti ed ai sindacati di non parlare di tagli
ma di scelte predisponendo una normativa che riconoscendo e valorizzando la “professionalità
docente” escluda la possibilità della doppia (o forse tripla) professione
a chi è, e si dichiara professionista in altri campi.
Se è vero che a tutti sta a cuore le sorti della scuola pubblica, io
penso che così facendo si libereranno moltissime cattedre che potranno essere
assegnate ai “professionisti” della didattica con un sicuro miglioramento
nella preparazione degli studenti.
“Nessuno
può servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si
affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro” (Matteo 6,24).
Forse
il recupero di qualche posizione nelle diverse classifiche internazionali passa
anche per queste scelte.
Elio Fragassi
Data
08-10-2009