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GLI  ISTITUTI  D'ARTE  COME  L'ARABA  FENICE

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Gli Istituti d’Arte come l’Araba Fenice

 Da qualche giorno vedo passare in tv ed ascoltare per radio alcuni spot dal titolo “Imparare lavorando”.

Un noto proverbio, quando qualcosa è irrimediabilmente persa, afferma: “Per rinascere occorre prima morire”.

Questa massima può essere applicata tranquillamente ai nostri Istituti d’arte che, prima sono stati fatti morire, accorpandoli ai Licei artistici (che erano completamente un’altra cosa) ed ora si vogliono far risorgere.

L’operazione di accorpamento (legge 133/2008) si è dimostrata negativa per entrambe le istituzioni perché l’una (liceo artistico) ha dovuto ridimensionare l’aspetto creativo astratto del pensiero immaginativo, l’altra (l’istituto d’arte) ha dovuto rinunciare all’intelligenza pratica, alla manualità creativa di un pensiero concreto relativo alle diverse specializzazioni (ceramica, vetro, ebanisteria, intarsio, ferro battuto, oreficeria, moda e tessuto, ecc. ecc.) e sfaccettature del “fare arte”, imparandola lavorando. Significative esperienze si erano accumulate negli anni per mezzo di maestranze abituate a vivere un colloquio creativo con i diversi e differenti materiali  le cui esperienze venivano trasmesse, aggiornandole continuamente, ai giovani che venivano formati e preparati per essere operativi e pronti ad affrontare il mondo del lavoro con i propri laboratori e atelier creativi.

Mi preme precisare che io sono stato studente di liceo artistico ma nella mia attività didattica ho insegnato in entrambe le scuole prendendo atto, così, della sostanziale differenza dei due percorsi che, ormai, con la riforma Gelmini attuata nel 2010, sono stati accorparti in un unico percorso di studio che ha decretato la morte degli istituti d’arte e la spersonalizzazione creativa dei licei artistici.

Moltissimi istituti d’arte affondano radici persino alla fine del XIX secolo o ai primi anni del secolo XX come quelli nei quali ho insegnato: Istituto d’arte M. dei Fiori di Penne istituito nel 1887, Istituto d’arte G. Mazara di Sulmona  istituito nel 1889, Istituto d’arte U. Preziotti di Fermo istituito nel 1959 . Queste scuole, come le altre su tutto il territorio nazionale, sorte come scuole d’arte e mestieri, erano fortemente legate alle attività artigianali del territorio tanto da sviluppare processi di apprendimento e lavorazioni legate proprio ai materiali o esperienze artigianali del luogo come ceramica, oreficeria, ebanisteria, tessuto, metalli, vetro, ecc. ecc. Queste scuole hanno preparato tantissimi artigiani che, in ogni campo dell’espressione artistica hanno fatto grande il made in Italy nel mondo.

Ora che sono passati, ormai, cinque anni e la reciproca contaminazione dei due percorsi scolastici  ha prodotto la nascita di una ibrida e scadente preparazione dei giovani studenti, si pensa di riattivare quel processo educativo di “Imparare lavorando” tipico e specifico degli istituti d’arte, processo che ha attraversato e preparato diverse generazioni di studenti su tutto il territorio nazionale.

Il sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali “presenta questa operazione come una grande novità asserendo che “Il mondo della scuola e del lavoro non sono mai stati così vicini”([1]) dimenticando che nella vecchia scuola d’arte e mestieri prima e istituti d’arte dopo, suola e lavoro non erano solo vicini ma integrati l’uno nell’altra perché “Fare arte è un processo molto complesso e articolato dove agiscono contemporaneamente, in un continuo feedback triangolare intelligenza, conoscenza dello specifico campo e abilità manuali”([2])

Ed ancora sul sito ministeriale si legge “. . . si avvia la sperimentazione del sistema duale per consentire ai giovani di “imparare facendo” ([3]) dimenticando, anche in questo caso, che gli istituti d’arte da molti decenni; per molti, da più di un secolo; hanno attivato la formula dell’  “imparare facendo” sviluppando e adeguando continuamente il concetto della didattica dell’arte intesa come processo duale del “fare per conoscere e conoscere per fare” ([4]).

L’augurio è che dalle ceneri di questa araba fenice resusciti la volontà politica di far risorgere gli istituti d’arte che da sempre hanno adottato la metodologia didattica esposta nel manifesto del Ministero :” Si impara facendo; si entra nella vita reale mentre si studia. Quello che si impara sul lavoro ha la stessa dignità di quello che si impara a scuola, perché finalmente in Italia gli apprendimenti formali e non formali si integrano organicamente in un sistema duale che comporterà anche un cambiamento importante nella didattica e nel modo in cui verranno messe in luce e certificate le esperienze e le competenze acquisite.” ([5])

Prima che il tempo disperda completamente le ceneri di questa Istituzione scolastica, ci si augura un coraggioso ripensamento politico che riapra tutti i pozzi di questo nostro “petrolio”.

04 Maggio 2016

 Elio Fragassi

http://www.webalice.it/eliofragassi

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[1])  http://www.lavoro.gov.it/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2016/Pages/Imparare-lavorando-in-Italia-si-puo.aspx

[2]) http://atuttascuoladuepuntozero.blogspot.it/2013/06/la-riforma-che-ha-sancito-la-morte.html

[3]) http://www.lavoro.gov.it/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2016/Pages/Imparare-lavorando-in-Italia-si-puo.aspx

[4])http://atuttascuoladuepuntozero.blogspot.it/2014/12/didattica-dellarte-fare-per-conoscere.html

[5]) http://www.lavoro.gov.it/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2016/Pages/Imparare-lavorando-in-Italia-si-puo.aspx