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GEOMETRIA DESCRITTIVA DINAMICA: DAL LAPIS AL MOUSE |
GEOMETRIA DESCRITTIVA DINAMICA: DAL LAPIS
AL MOUSE
Breve
storia di una ricerca didattica
1. Presentazione
Se è vero che si riesce a trascrivere tutto ciò che si è in grado di immaginare, allo stesso modo si è capaci di disegnare solo quello che si è in grado di pensare.
Per questo motivo “. . . se il disegno è, com’è, un pensiero, prima d’insegnare a fare è necessario educare a pensare”.
Questa frase accoglie il visitatore del mio sito personale (http://www.webalice.it/eliofragassi)
dove ho riversato tutta l’esperienza scolastica attinente una ricerca didattica condotta, da molti anni, con il supporto delle classi e relativa ad un modo nuovo e diverso di proporre l’insegnamento-apprendimento di una materia fondamentale degli Istituti d’Arte e dei Licei Artistici quale la “Geometria descrittiva”, cioè quella disciplina che educa gli allievi alla corretta rappresentazione e lettura delle forme geometriche.
Ho attraversato, come insegnante, un lungo arco temporale a partire dal 1976 insegnando nelle scuole ad indirizzo artistico, in ambiti territoriali, culturali ed economici diversi. La materia d’insegnamento è stata, però, sempre la stessa identificata come: “A018, Discipline geometriche, architettoniche, arredamento e scenotecnica” con le diverse e differenti sfaccettature a seconda che venisse insegnata nei Licei artistici o negli Istituti d’arte.
Memore del mio pregresso di studente del Liceo artistico degli anni ’60, iniziai la mia carriera di insegnante riproponendo come metodologia didattica quella che, provenendo dal mondo della bottega, asserisce che “si impara a disegnare disegnando”.
Mi resi conto subito che questo metodo “riproduttivo” desunto dall’esperienza della bottega non era più né adatto né idoneo per far acquisire allo studente l’aspetto “descrittivo” della rappresentazione geometrica tanto che in diverse occasioni, a conclusione del processo grafico molti studenti mi chiedevano che spiegassi loro cosa avevano “disegnato” facendomi capire che quanto era stato riprodotto non era stato assolutamente interiorizzato. Il lavoro scolastico si era sostanziato in una semplice copiatura di una immagine senza capirne leggi, regole, procedure e sequenze operative senza riuscire a interiorizzare lo spazio piano o tridimensionale e quanto in esso contenuto. E’ necessario ricordare, a tal proposito, che la scuola aveva eliminato, già fin dai primi anni ’60, alcuni esami propedeutici che tendevano a riconoscere e valorizzare alcune predisposizioni in campi espressivi particolari, come quello dell’istruzione artistica per cui, da allora, tutti gli alunni, predisposti o meno, potevano frequentare questo tipo di percorso scolastico senza alcun vaglio preventivo. Era necessario, pertanto, pensare ad un modo diverso di affrontare l’insegnamento/apprendimento delle discipline artistiche ed in particolare, per quanto di mia competenza, l’insegnamento delle “Discipline geometriche” e quindi della Geometria descrittiva.
Maturai, allora, la convinzione che essendo cambiati i tempi, le aspirazioni e le condizioni dei contesti scolastici era necessario cercare altre strade per adeguare la didattica, mediante nuove metodologie, ad una platea di soggetti scolastici che non aveva subito alcun vaglio preventivo alla ricerca di specifiche predisposizioni.
Da questo convincimento iniziò a prendere forma la ricerca di un nuovo metodo di insegnamento-apprendimento che considerava il disegno non come una esercitazione grafica per “addetti ai lavori” ma come un “linguaggio”, cioè come un “sistema di segni per mezzo dei quali gli uomini comunicano fra di loro”. Non era quindi necessario avere doti particolari e specifiche ma solo volontà di apprendere un linguaggio iconico e le relative leggi di codifica e decodifica. Prese allora consistenza la determinazione che se il disegno è un sistema di segni per comunicare è necessario che esso sia trattato come tale e come tale è necessario definirne i morfemi fondamentali, le regole e le leggi del loro comporsi, delle loro integrazioni ed interazioni che si concluderanno, al termine del processo grafico-espositivo nella rappresentazione descrittiva di un messaggio grafico chiaro quale inequivocabile e rigorosa simulazione (modello) del pensiero creativo.
Per questo motivo l’assunto fondamentale della mia didattica è: “. . . se il disegno è, com’è, un pensiero, prima di insegnare a fare è necessario educare a pensare”.
2. Dal lapis al mouse
Così com’è facile parlare e scrivere di cose che si conoscono o che si è capaci di vedere con la mente, allo stesso modo si riesce a disegnare solo ciò che si è capaci di pensare immaginare ed esaminare sulla base delle proprie conoscenze che costituiscono il serbatoio dei pensieri e dell’intelligenza. Così come si riesce a leggere un qualsiasi linguaggio iconico (scrittura, matematica, musica, ecc.) solo se si è in grado di decodificarne l’insieme del sistema dei simboli grafici, allo stesso modo si riesce a leggere un’immagine solo se si è in grado di decodificarne gli elementi componenti sia nel loro insieme che nelle singolarità e la connessa sintassi grafica. E’ implicito, quindi, che se il disegno assume la veste di linguaggio di un pensiero descrittivo di forme e figurazioni geometriche, la didattica deve adeguarsi a questa funzione e, di conseguenza, dal punto di vista metodologico è fondamentale che anche l’insegnante di disegno (in modo particolare se trattasi di disegno tecnico perché esso implica una stretta relazione tra chi pensa e progetta e chi realizza) prima di insegnare a fare educhi a pensare.
Questa metodologia, che oggi va sotto il nome di “learning object”, io l’ho chiamata “didattica per parti” ed è costituita da omogenei e definiti segmenti di apprendimento che possono essere continuamente ripresi, integrati, arricchiti con nuove parti, manipolati mentalmente in relazione alle esigenze descrittive, alle capacità individuali, alle risposte delle classi, all’inclinazione dei singoli allievi, alle aspirazioni ed alla personalità dei singoli studenti.
Considerando che l’insegnante odierno è, anzitutto, un docente del suo tempo e quindi della cosiddetta società dell’immagine e della comunicazione, egli deve, necessariamente, concepire il disegno non come un processo principalmente grafico ma come l’esplicitazione, la trasposizione in forma iconica di un messaggio, di una frase, di un concetto, di un pensiero, di un progetto inteso come attualizzazione del futuro o di qualcosa che ci dovrà essere. Questo può essere espresso e descritto con il linguaggio degli elementi della geometria che si compongono nello spazio piano e/o tridimensionale seguendo precise e definite leggi ed operazioni che costituiscono la “grammatica” e la “sintassi” grafiche della comunicazione descrittiva attuata mediante la “didattica per parti”.
In questo lavoro di ricerca, sperimentazione ed affinamento metodologico che si è concretizzato in una continua attività laboratoriale di carattere grafico sono stato sempre sorretto, in modo particolare dalla disponibilità degli studenti che hanno condiviso con me, giorno per giorno, anno per anno e classe per classe, le fatiche, le incertezze e le insicurezze del nuovo di una ricerca contro le certezze e le sicurezze dell’assodato e verificato.
Ed
è proprio in questa ricerca di conferme della validità del nuovo che gli
studenti hanno trovato la forza ed il sostegno alle loro fatiche che io ho
voluto premiare raccogliendo e pubblicando sul mio sito personale i lavori
migliori a partire dall’anno scolastico 1989-1990 quando insegnavo presso
l’Istituto statale d’arte “G. Mazara” di Sulmona.
L’affinamento
di questa metodologia che pone al centro della didattica non tanto il “disegno
come strumento grafico” quanto “il disegno come pensiero” ebbe un
particolare impulso nella seconda metà degli anni ’90 quando cominciarono a
diffondersi in modo considerevole i personal computer con i relativi programmi
grafici e di grafica che trasformavano sempre più il “disegno disegnato”
inteso come prodotto ottenuto direttamente tracciando segni su una superficie
(foglio da disegno) in un “disegno elaborato” inteso come prodotto iconico
mediato dallo strumento elettronico che elaborando dati inseriti mediante
tastiera, mouse, penna ottica od altro, restituisce (sullo schermo)
un’immagine grafica elaborata che può essere ulteriormente arricchita e
manipolata o cristallizzata mediante un processo di stampa. In questi anni,
riscontrati i primi risultati positivi, cominciai ad organizzare la ricerca con
lezioni raccolte in fascicoli e dispense, anche su sollecitazione di molti
studenti che sentivano la mancanza di un testo d’appoggio da poter consultare
in qualsiasi momento, anche nel corso delle elaborazioni domestiche. In questo
periodo e con il supporto dello sviluppo dell’informatica abbandonai
completamente la pratica didattica del “disegno disegnato” per dedicarmi
all’affinamento della metodologia didattica del “disegno creato” come
momento propedeutico delle elaborazioni grafiche assistite da strumentazione
informatica che si concretizzano nel “disegno elaborato”. Queste mie
necessità erano confermate, inoltre, dalle diverse esigenze che emergevano dai
vari programmi sperimentali (Progetto Brocca, Progetto Leonardo, Progetto
Michelangelo) che investivano l'istruzione artistica in quel periodo. Tutti i
progetti facevano leva, infatti, su un maggiore apporto teorico e culturale
delle discipline di settore per affrancare il “disegno” da quell’immagine
di sola “manualità” e adeguare l'area dell'istruzione artistica ai nuovi
bisogni della società della comunicazione.
Confortato,
anche, dalle convergenti finalità dei differenti progetti sperimentali e dopo
aver completato l’esperienza laboratoriale mediante elaborati grafici di
diversa natura e differente complessità, ho raccolto tutta l’esperienza
maturata in fascicoli monografici facenti parte di una più ampia collana capace
di coprire l’arco di studio dei cinque anni sia degli istituti d’arte che
dei licei artistici. La programmazione si sviluppa in tre momenti fondamentali
che possono essere sinteticamente così individuati:
1)
analisi - biennio comune,
2)
sintesi - terzo e quarto anno,
3)
simulazione - quinto anno.
Dopo
infruttuosi tentativi di coinvolgimento degli organi scolastici e case editrici,
nel 2004 decisi di stampare e pubblicare (a mie spese) i primi due volumi che
hanno proprio lo scopo di esplicitare questo modo diverso di considerare sia le
forme geometriche che le figurazioni non come elementi conclusi, finiti e
definiti, ma come immagini in divenire nello spazio tridimensionale degli
elementi geometrici fondamentali. I due testi che vanno sotto il titolo generale
di “Geometria descrittiva dinamica”
e il sottotitolo “Indagine insiemistica sulla doppia proiezione ortogonale di
Monge” sono i seguenti:
Vol.
1: Definizione insiemistica,
dinamica e descrittiva degli elementi primitivi.
Vol. 2: Rappresentazione geometrico-descrittiva e tipologia degli elementi primitivi.
Gli
altri volumi relativi a le “Leggi
geometriche” : appartenenza, parallelismo e ortogonalità sono pronti per
essere stampati e pubblicati mentre per quanto attiene “Le
operazioni geometriche”: intersezione, sezione, compenetrazione e
ribaltamento, gli argomenti sono in corso di riordino e definizione.
Infine
nel 2008 ho presentato la ricerca, a nome della scuola, con i relativi risultati
al premio nazionale di “Didattica della Scienza” dal titolo
“Orientascienza 2008”. Il risultato è stato molto lusinghiero tanto che il
progetto “Geometria descrittiva
dinamica” presentato dal Liceo Artistico Misticoni di Pescara si è
classificato, nella “Sezione Licei”, al sesto posto avvalorando il lavoro
svolto ed invogliandomi a continuare.
3. Conclusioni
Come
esplicita il sottotitolo la ricerca portata avanti vuole fornire uno spunto
formativo diverso per l’insegnamento delle discipline geometriche cercando un
approccio interdisciplinare tra le materie scientifiche e quelle grafiche
collocandosi in un territorio didattico compreso tra le vecchie metodologie
“riproduttive” fondate sulla “manualità e il lapis” e le nuove proposte
che si affidano completamente alle macchine “computer e mouse” della
tecnologia informatica. La ricerca condotta, collocandosi in questa posizione
intermedia mette in pratica il necessario passaggio dal “disegno disegnato a
matita” al “disegno elaborato mentalmente”. Con questa veste le Discipline
geometriche, ed in particolare la Geometria descrittiva, assumono una funzione
nuova dando ad ogni studente la possibilità di esprimere il proprio mondo
interiore di forme e modellare, come con i mattoncini “lego”, le proprie
singole personali esperienze spaziali mettendo in atto, così, la
personalizzazione dell’insegnamento. Per questo motivo, e con questo scopo i
temi vengono assegnati in forma scritta (nel sito personale vedi il collegamento
a ”Testi delle esercitazioni grafiche e relativi elaborati o alle singole
classi) perché ogni studente possa dare una risposta propria, singola e
individuale utilizzando le proprie conoscenze, il proprio vocabolario grafico,
le proprie aspirazioni e le proprie sensibilità creative come ho potuto
riscontrare con continuità nel corso della ricerca.
Questa
metodologia attualizza il rapporto docente-discente in un lavoro didattico di
condivisione in cui la verifica va fatta sul processo e quindi sulle singole e
diverse capacità degli studenti di codificare e/o decodificare un medesimo
messaggio. La disciplina della rappresentazione geometrica non è trattata come
momento grafico ma come sostegno concettuale propedeutico alla rappresentazione
stessa, in collegamento alle operatività digitali con supporto informatico.
L’elemento grafico viene presentato come un insieme di singole entità
geometriche distribuite seguendo precise e definite leggi ed operazioni
geometriche che costituiscono la “grammatica” e la “sintassi” della
comunicazione descrittiva per definire, al termine del processo dinamico del
lavoro di rappresentazione, un messaggio grafico chiaro quale inequivocabile e
rigorosa simulazione del pensiero creativo inteso come
attualizzazione del futuro.
Data 31. 03. 2009